Tagli alla sanità? Iniziamo dagli sprechi e dagli esami non necessari

da Huffington Post 31/07/2015 13:13 CEST

Tac, risonanze magnetiche, Moc, lunghe liste di esami, check up periodici, sino agli interventi chirurgici: decine, centinaia di indagini, non sempre necessarie che costano al sistema sanitario, alle tasche dei cittadini e qualche volta sono dannosi.

L’allarme arriva da molti fronti, specialmente da quando la scarsità di risorse ha imposto una revisione critica dell’uso che si fa dei soldi. Ecco allora che fioccano studi e ricerche che rilevano come la nostra società sia ipermedicalizzata ma che questo non ci rende né più sani e nemmeno più longevi. Già nel 1999 infatti il NICE (The National Institute for Health and Care Excellence) individuava una lista di 800 interventi usati con troppa nonchalance e privi di benefici reali per i pazienti.

Quelli dell’American Board of Internal Medicine hanno stimato che tra il 10 e 30% della spesa sanitaria sia destinata a esami inutili. Nessuna specialità sembra essere immune da questo fenomeno: in cardiologia l’11% degli stent sono impiantati in pazienti che non ne avrebbero necessità e in alcuni ospedali americani la percentuale raggiunge il 20%. JAMA ha concluso che almeno 1 utente di Medicare su 4 ha ricevuto uno dei 26 trattamenti sanitari di scarsa utilità solo nell’arco di un anno. Il che tradotto significa 21 milioni di procedure inutili per un totale di 8.5 miliardi di dollari e il 2,7% della spesa sanitaria buttata nel cestino. Eccessi anche per le angiografie coronariche, che si stima siano utilizzate in eccesso dal 4 al 21,8% dei casi, mentre il bypass coronarico nel 15% viene eseguito in modo inappropriato. E l’elenco include un uso eccessivo di broncodilatatori nell’81%, e di isterectomie del 70%.

“Oggi si incoraggiano le persone soggettivamente sane a sottoporsi a tutta una serie di esami diagnostici preventivi per rassicurarle di non essere ammalate” spiega Gianfranco Domenighetti, già professore di politica e economia sanitaria alle università di Lugano e Losanna. “L’industria ha modificato le soglie che definiscono la normalità e creato nuove malattie. La grande maggioranza di queste pseudo-malattie scoperte in persone sane sono inconsistenti, cioè non daranno sintomi o problemi nel corso della vita. La maggior parte degli attuali consumi medico sanitari è motivata dalla speranza di diminuire o annullare questi rischi potenziali percepiti. Per l’opinione pubblica ricevere una diagnosi, specie se in anticipo, è ormai diventato sinonimo di guarigione.

Diverse analisi dimostrano l’entusiasmo popolare verso la diagnosi precoce; una ha mostrato che il 73% degli americani preferisce sottoporsi a un total body scanner anziché ricevere un regalo di 1000 dollari, mentre il 66% è disposto a sottoporsi a un test di diagnosi precoce anche per un tumore per il quale non esiste nessuna cura. Il 50% delle donne americane che non hanno più il collo dell’utero a seguito di isterectomia totale continua comunque a sottoporsi al test per la diagnosi precoce del cancro al collo dell’utero (Pap-test). Perfino una significativa proporzione (dal 6 al 27%) di pazienti affetti da tumori incurabili in stadio avanzato continua a sottoporsi a screening di diagnosi precoce per altri tumori”.

L’eccesso di medicalizzazione è chiamata in inglese overuse e indica gli interventi che prevedono conseguenze più negative, come costi non necessari, rispetto ai benefici che possono offrire. Il numero eccessivo di indagini e l’aumento delle diagnosi sembrano essere un serpente che si morde la coda, figlio di quella tendenza, partorita dall’industria, a dare un nome al più piccolo disturbo e a spingere verso la medicalizzazione di qualsiasi condizione umana.

Anche il British Medical Journal ha pubblicato recentemente un editoriale in cui si sottolinea come l’eccesso di diagnostica sia un sintomo di scarsa capacità di diagnosi e una scorciatoia che dovrebbe colmare il gap di informazioni dei medici che brancolano nel buio. Mentre altre teorie sostengono che l’eccesso di zelo derivi dalle numerose cause legali che affliggono la professione e arricchiscono le compagnie assicurative, quel fenomeno conosciuto come medicina difensiva che mira a rendere l’operato del medico inattaccabile dal punto di vista legale.

Come capire se un esame è opportuno? Difficile senza avere competenze specifiche, intanto però si può porre al medico una semplice domanda: “dottore, ma è davvero necessario?”. Secondo una indagine apparsa sugli Archives of Internal Medicine il 28% dei medici ha ammesso di aver ecceduto nella prescrizione di indagini per precauzione. Eppure non ci sono evidenze scientifiche che in soggetti in buona salute e con pochi fattori di rischio cardiaco l’elettrocardiogramma possa ridurre il rischio di avere un infarto, così come sottolineato dall’americana Preventive Service Task Force nelle sue raccomandazioni dove ricorda che il rischio è di indurre trattamenti non necessari come l’angioplastica.

Scendiamo un po’ e raggiungiamo lo stomaco: chi ha i sintomi di un reflusso gastroesofageo non è necessario corra a fare una endoscopia digestiva (che prevede un rischio sia pur minimo di perforazione dello stomaco), meglio un approccio per tentativi ossia la somministrazione di un farmaco inibitore di pompa per 4-8 settimane e ricorrere ad indagini più invasive solo se il disturbo non migliora, così come suggerito dal dottor Amir Qaseem dell’American College of Physician.

Mal di schiena lombare? Superfluo e costoso fare una Tac o una risonanza magnetica, una ricerca del 2010 ha dimostrato che questi due esami aumentano il rischio di essere sottoposti ad un intervento chirurgico ortopedico. “L’approccio corretto prevede fisioterapia e farmaci antinfiammatori e solo successivamente una rivalutazione del caso. La maggior parte dei pazienti infatti ha una remissione del dolore dopo qualche settimana” così come sottolinea il dottor Zachary Berger, docente alla John Hopkins School of Medicine.

Ancora ossa e in particolare la misurazione della densità minerale misurata con la Moc: uno studio pubblicato sulla rivista Menopause ha stimato che il 40% delle donne a cui viene prescritta questa indagine non soddisfa i criteri standard per il test, tra cui aver compiuto i 65 anni o avere fattori di rischio per l’osteoporosi. Ragion per cui se il test rivela una sia pur moderata perdita di massa ossea vengono prescritti farmaci, ma assumere farmaci non necessari espone al rischio di effetti collaterali. Mentre dopo i 50 anni gli strumenti per mantenere le ossa sane sono l’incremento dell’attività fisica e una alimentazione che preveda cibi ricchi di calcio e vitamina D.

Secondo una inchiesta di Forbes tra i trattamenti non necessari ci sarebbero il parto cesareo prima della 39ma settimana, l’alimentazione artificiale nei soggetti con demenza, il pap test effettuato ogni anno nelle donne tra i 30 e i 65 anni, la TAC dopo un trauma alla testa nei bambini ma anche lo stress test cardiologico in soggetti senza sintomi cardiovascolari o a basso rischio.

Choosingwisely è una campagna lanciata nel 2012 da ABIM Foundation con l’obiettivo di mettere fine a tutte le procedure non supportate da forti evidenze scientifiche. Intanto gli osservatori si chiedono quali siano le strategie possibili per limitare il fenomeno: dalla maggiore diffusione della cultura EBM, ossia di una medicina basata sulle evidenze, alla condivisione delle scelte con i pazienti in modo che possano esprimere le proprie preferenze dopo una corretta informazione. L’appropriatezza dovrà diventare una misura della qualità dei servizi erogati.

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