Se in ospedale si dorme peggio che a Guantanamo

da Huffington Post 04/09/2015 13:18 CEST

Dormire a sufficienza, senza interruzioni, rumori e interferenze ambientali è un pilastro della salute e del benessere e un sonno profondo e ristoratore è anche alla base di una guarigione più veloce. Non a caso tra le torture di guerra c’è la ”sleep deprivation” in cui il prigioniero viene svegliato continuamente sino a portarlo ad uno stato di completa prostrazione. Eppure se c’è un posto dove si dorme poco e male è proprio l’ospedale.

Nella mia vita ho subito circa 7 ricoveri e di quasi tutti ho un ricordo analogo: luci spente troppo presto, via vai notturno per misurazioni, controlli e somministrazione di terapie, voci, luci, spie intermittenti, rumori oltre al ronzio di sottofondo dei macchinari, al netto di eventuali lamenti dei pazienti che dividevano la stanza e la corsia. E quando finalmente hai preso sonno, non senza una certa difficoltà, in un letto diverso dal tuo e in un ambiente denso di ansia, circondato dall’odore del dolore e del disinfettante ecco che alle 6:00 solerti addetti alle pulizie aprono tende e finestre per ”cambiare aria” anche in pieno inverno.

La vita del reparto inizia presto e si può solo sperare in qualche pisolino di tanto in tanto. Le attività di cura hanno la priorità sul comfort degli ospiti, un modello in cui il paziente, in quanto tale, deve adattarsi. Certo l’ospedale non è un hotel e i sanitari hanno ovviamente compiti sacrosanti da svolgere, a totale beneficio dei malati, ma succede che oltreoceano qualcuno sollevi un’obiezione: se dormire bene è un pilastro della salute, a maggior ragione chi dorme adeguatamente può guarire prima e quindi accorciare la sua permanenza nel nosocomio. E aggiunge: se oggi ogni slogan medico parla di un ‘paziente al centro’ delle decisioni, delle terapie e delle politiche, perché quel povero cristo non può dormire in pace?

Il Professor Peter Ubel della Duke University ha studiato i fattori razionali e irrazionali che influiscono sulla salute e l’intuizione è arrivata dalla volta che, ricoverato a sua volta per l’asportazione di un piccolo tumore, si è reso conto quanto fosse difficile dormire per più di poche ore di seguito. “In alcune strutture manca una coordinazione tra le attività a detrimento del riposo: qualcuno misura la pressione a mezzanotte e alle due viene somministrato un farmaco. Le attività notturne andrebbero quindi rese più orientate al riposo, un pilastro della guarigione”. Intanto l’American Hospital Association ha iniziato a monitorare gli ospedali che hanno adottato nuove politiche per favorire il sonno dei malati, un numero sempre crescente di tentativi. Accorpare i controlli e la somministrazione di terapie in un unico momento, prevedere il monitoraggio automatico delle funzioni vitali, limitare alcune procedure solo ai pazienti più gravi.

Susan Frantom, Presidente di Planetree, una organizzazione noprofit che incoraggia i sistemi sanitari a considerare le esigenze dei pazienti nella strutturazione delle cure, sostiene che spesso i pazienti sono sottoposti a controlli standard che disturbano il loro sonno non sempre necessari. Uno studio pubblicato sulla rivista JAMA nel 2013 ha calcolato che circa la metà dei pazienti che vengono svegliati per la misurazione delle funzioni vitali non ne avrebbero bisogno. E vanno ripensati anche gli orari di visita, con la possibilità di dare a tutti la possibilità di un riposino di recupero pomeridiano senza il via vai di amici e parenti. Particolare attenzione va data agli onnipresenti telefoni cellulari che devono essere tenuti in silenzioso, così come quelli delle infermerie che potrebbero squillare nel mezzo della notte. In alcuni ospedali Planetree ha diffuso un questionario focalizzato sulla qualità del riposo e la presenza di interferenze per approntare misure organizzative per migliorarlo, ad esempio ospitando nella stessa stanza le persone che hanno bisogno di maggiori controlli notturni in modo da limitare da disturbare quelli con disturbi più lievi.

Ma altri si sono spinti ancora più in là: uso di fragranze rilassanti come spray alla lavanda e l’offerta di the e tisane prima che si spengano le luci delle camere. Lussi da portare da casa visti i conti del nostro SSN.

Ne ha parlato anche Laura Binello, infermiera di lungo corso ma soprattutto appassionata del proprio lavoro tanto da aprire una pagina Facebook intitolata Panda Rei che ha illustrato con sottile ironia una tipica notte in ospedale popolata dai suoi fantastici personaggi che al telefono con HP ha commentato: “da tempo la comunità infermieristica lavora sul concetto di comfort e sul suo miglioramento – spiega – e ci sono stati numerosi tentativi come ad esempio accorpare pazienti con stessa complessità assistenziale in modo da ottimizzare le cure e renderle ”ad personam”.

Ma anche limitare la rilevazione della temperatura corporea a tutti e a tutte le ore. In alcune strutture si offre la colazione a richiesta e non si svegliano tutti alla stessa ora tentando di rispettare le esigenze di riposo. Anche nella formazione viene illustrato agli studenti del corso di laurea in infermieristica questo modello, come quello a cui tendere nel futuro del nursing, mettendo quindi un accento sulle cure sobrie, rispettose oltre che efficaci dal punto di vista terapeutico. A fronte di varie sperimentazioni però non si è riusciti a creare dei veri e propri percorsi e i pazienti vivono il soggiorno in ospedale con rassegnazione”.

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