
In ospedale nel fine settimana? Meglio evitare, ecco perché
Da alcune settimane sulle riviste scientifiche internazionali si dibatte sui risultati di una sconcertante ricerca che ha rivelato come essere ricoverati in ospedale durante il fine settimana aumenti il rischio di morte nei 30 giorni successivi del 10% se il ricovero avviene il sabato e del 15% se avviene di domenica. L’articolo originale, pubblicato sul British Medical Journal da Nick Freemantle ha sollevato una questione relativamente all’organizzazione ospedaliera nel Regno Unito. Secondo lo studio infatti circa 11mila persone ogni anno muoiono per scarsa assistenza rispetto a coloro che vengono ricoverati nei giorni feriali quando si suppone che i reparti siano a regime.
Fenomeno che non interessa i reparti di terapia intensiva dove la qualità dell’assistenza è standard per tutti i giorni della settimana. E in Italia? Corriamo lo stesso rischio? Dati non ce ne sono ma abbiamo chiesto conto dell’organizzazione dei reparti al Dottor Fabio Beatrice, Primario del Reparto ORL dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino se sia possibile che l’assistenza nel fine settimana sia più scarsa: “Va fatta una importante precisazione, nella realtà le persone hanno due strade per accedere ad una prestazione ospedaliera urgente ed eventuale ricovero nel fine settimana (quindi non programmato): o si arriva con mezzi propri ad un pronto soccorso, o si è portati da un’ambulanza del 118″.
Chi sta male e viene portato al pronto soccorso da un familiare di solito sceglie l’ospedale più vicino o quello che conosce meglio, che non sempre è in grado di gestire le specifiche complessità mentre quando interviene l’ambulanza viene fatta una rigorosa prima valutazione. Nel pronto soccorso dell’ospedale ( grande o piccolo che sia ) viene eseguito il cosiddetto triage: una valutazione di gravità che orienta l’urgenza del processo diagnostico e clinico.
Così può capitare che l’ospedale sia in grado di assolvere all’emergenza o, se non è attrezzato per quella specifica situazione, faccia riferimento, tramite la rete dell’emergenza, al più vicino Hub di riferimento. Gli Hub sono centri ad alta specialità di cura con reparti di pronto soccorso attivi con prestazioni di alto livello 24 ore su 24. Gli Hub devono rispondere a requisiti specifici e sono dotati di specializzazioni come la chirurgia vascolare, la neurochirurgia, la chirurgia maxillo facciale, traumatologia, la neurochirurgia, la cardiologia etc… . Qui ad esempio siamo sempre pronti per emergenze che coinvolgono la testa ed il collo a seguito di incidenti stradali o di altri traumi e lavoriamo con il PS per dare una risposta immediata tutti i giorni dell’anno 24 ore su 24”.
“In sostanza un’ambulanza porta il paziente dove presumibilmente la sua emergenza sarà trattata al meglio. Dopo il primo soccorso, se necessita, il paziente può essere ricoverato in un reparto specifico. I reparti funzionano tutti i giorni e comunque anche nel we sono presenti medici e infermieri sottoposti a turnazione, non esistono quindi situazioni in cui il fine settimana ‘spetta’ solo ai più giovani ed inesperti”. Per evitare l’effetto week end quindi è bene essere informati sui centri di riferimento del territorio e comunque fare sempre riferimento al Medico di Famiglia”.
“Nel settore delle emergenze si può fare ancora molto” interviene il dottor Fabrizio Pregliasco, Presidente di Anpass, l’Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze e Direttore Sanitario dell’Ospedale Galeazzi di Milano: “Innanzitutto ci stiamo avviando verso un numero unico per le chiamate di emergenza così come stabilito dall’Europa che ci ha ‘bacchettati’ per essere gli ultimi a dotarsi di uno strumento centralizzato. In secondo luogo posso ipotizzare che l’effetto week end sia dovuto a due fenomeni, il primo legato al fatto che solo il 15-20% delle emergenze viene veicolato dal servizio erogato dal 118 e le persone si rivolgono dove capita, quindi in alcuni casi in luoghi dove c’è si un Pronto Soccorso ma dove poi non ci sono le specialistiche per il proprio problema.
Inoltre c’è ancora molto da fare sul fronte delle connessioni tra le strutture. Se una paziente incinta arriva al pronto soccorso di un trauma center che non ha la ginecologia la struttura deve prenderla in carico ma trovarle un posto nell’ospedale giusto è delegato alla buona volontà dell’organizzazione che ha poi il compito di organizzare il trasferimento”.
“Il secondo problema – continua Pregliasco – è che se i servizi di emergenza sono attivi 24 ore 24 e 7 giorni su 7, quando il paziente arriva in reparto, anche se stabilizzato, può dover attendere due giorni prima di fare un esame perché non tutti i cosiddetti servizi complementari sono disponibili. E allo stesso modo un ospedale piccolo, da 100 posti letto non ha tutti gli specialisti interni. Un modo per evitare rischi, in attesa di una migliore organizzazione dei sistemi è quello, nei casi gravi, di chiamare il 118 e lasciare a loro la responsabilità di portarci nel posto più adatto grazie ad un sistema informativo che gestisce le emergenze”.
Per le situazioni meno gravi ci sono due strade: rivolgersi ai servizi di continuità assistenziale sul territorio come la guardia medica, oppure scegliere di rivolgersi al pronto soccorso dell’ospedale di maggiori dimensioni. Un consiglio? Se viviamo in una grande città e le opzioni disponibili sono diverse facciamo un elenco dei servizi dei vari ospedali in modo da scegliere se andare in un trauma center o in un Hub con servizi di cardiochirurgia.